Chi l’avrebbe mai detto che l’invidia potesse trasformarsi in una festa? Eppure, è successo! La prima edizione del Festival dell’invidia sociale ha preso vita a Matera lo scorso 22 giugno, con grande partecipazione e, tra risate e riflessioni, siamo riusciti a mettere in scena uno dei temi più pesanti e scomodi del nostro territorio: l’invidia sociale.
Ma facciamo una distinzione: non parliamo della classica invidia personale, quella piccola voce interiore che a volte ci fa sentire meno degli altri. No, qui si parla di un’invidia molto più insidiosa e collettiva, che avvelena i rapporti tra istituzioni, organizzazioni e intere comunità. È quell’invidia che preferisce distruggere un progetto di successo piuttosto che ammirarlo e lasciarsi ispirare. Una sorta di auto-sabotaggio che danneggia il tessuto sociale, bloccando lo sviluppo di un territorio che ha tanto da offrire.
Un tema tabù, ma necessario
Era proprio arrivato il momento di tirare fuori dal cassetto questo tema, di cui tutti avvertono il peso ma di cui pochi hanno il coraggio di parlare apertamente. L’idea di affrontarlo attraverso un festival è nata da me e Mariella Stella, e siamo stati subito affiancati da nove realtà culturali che hanno risposto con entusiasmo al nostro invito: Casa Netural, Matera Letteratura, Risvolta, Amabili Confini, TAM – Tower Art Museum, Studio Antani, Generazione lucana, La Luna al Guinzaglio e Prime Minister Basilicata. E già il fatto di essersi uniti per lavorare insieme su un tema comune è stata una piccola vittoria sull’invidia sociale.
Ridere di un antagonismo antico
Uno dei momenti più divertenti e riflessivi è stato l’installazione Chit Chat di Luca Acito, un’opera pensata per ridere e riflettere sull’antagonismo eterno (e, diciamocelo, un po’ inutile) tra i capoluoghi lucani, Potenza e Matera. Quanto tempo abbiamo perso a “giocare” a chi fa meglio, invece di guardare al futuro e lavorare insieme? Con questa installazione, le persone hanno potuto ironizzare su rivalità che spesso portano a divisioni, senza mai perdere di vista il messaggio fondamentale: è tempo di andare oltre.
Le Sorelle Pompadur e il rito collettivo
Un altro momento indimenticabile è stato lo spettacolo delle Sorelle Pompadur, che ha chiuso il festival con energia travolgente e un’ironia pungente. La loro performance è stata un vero e proprio rito collettivo di purificazione, in cui abbiamo trasformato l’invidia in risate, esorcizzando finalmente questo male così radicato. È stato come liberarsi da una zavorra che ci portiamo dietro da troppo tempo.
Spunti per il futuro
La prima edizione del Festival dell’invidia sociale è stata solo l’inizio. Ecco perché, per le prossime edizioni, ci piacerebbe continuare a raccogliere idee e suggerimenti da chiunque voglia contribuire. Come possiamo trasformare ancora meglio questo veleno in una risorsa per la comunità? Cosa vorresti vedere o vivere alla prossima edizione? Offri spunti, solleva nuove domande o racconta esperienze personali: siamo pronti a costruire insieme un festival che parli non solo di invidia, ma di come superarla, una volta per tutte.
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