Profezia Policoro, e poi?

Luca Iacovone con Papa Francesco

Il saluto a Papa Francesco a nome degli animatori del Progetto Policoro, per il 25° anniversario del progetto

Il Progetto Policoro è nato in Basilicata nel 1995, ed è da allora il principale progetto della Chiesa Italiana dedicato al problema della disoccupazione. Il Progetto tiene ancora oggi nel nome il ricordo della città lucana che ospitò i suoi natali. Per ribadire la centralità del Sud e il coraggio di alcuni suoi vescovi che provarono sul serio a scommettere sui giovani. Mettendo a loro disposizione beni immobili e reti professionali. A quelle importanti dosi di fiducia da parte dei vescovi, i giovani meridionali risposero con generosità e creatività dando vita ad un’incredibile rete di imprese e cooperative.

In un Meridione immobilizzato da politiche industriali che stavano dimostrando il loro fallimento, con un esodo giovanile in rapida crescita, la Chiesa operò nel 1995 una vera profezia con il Progetto Policoro. Puntando tutto sulla nascita di nuove cooperative capaci di valorizzare beni e risorse del territorio, offrendo un’alternativa alla fuga dal Sud di tanti giovani talenti.

Dal Progetto Policoro sono nate nelle regioni meridionali le prime esperienze di microcredito. Una rete capillare di sportelli di orientamento al lavoro e all’autoimprenditorialità. Veri e propri hub di una larga filiera di relazioni con i massimi esperti di associazioni datoriali e di servizi a disposizione in modo gratuito per i giovani che si rivolgevano al Progetto. Prima che scoppiasse la sturtup-mania e spuntassero come funghi incubatori di impresa e coworking, il Policoro per tanto tempo ha rappresentato il primo e unico riferimento per chi voleva provare a costruire impresa al Sud. Fuori dai classici parentati.

In Basilicata, ad esempio

Per Vita non profit (nel focus book Basilicata, il sociale in fuga) ho provato a misurare l’impatto di questo progetto nella sua regione d’origine. La Basilicata, appunto, a quasi 30 anni dal primo Policoro. Nei primi dieci anni, tra il 1997 e il 2007, qui sono nate 8 cooperative sociali — nel gergo del Progetto Policoro si chiamano Gesti Concreti— che oggi generano un fatturato aggregato di 10 milioni di euro, impiegando 320 persone. Nei cinque anni successivi il Progetto Policoro ha contribuito alla nascita di altre due cooperative sociali, che oggi faticano a raggiungere insieme i 100 mila euro di fatturato, impiegando 13 persone. Negli ultimi dieci anni, invece, hanno visto la luce con il Policoro solo poche e piccolissime ditte individuali, per lo più esperienze di auto-impiego.

Gli animatori del Progetto Policoro in un momento di formazione a Frascati

Fu profezia?

Viene da chiedersi: è finita la spinta profetica della Chiesa che ha dato un importante contribuito alla crescita del terzo settore al Sud? Secondo me no, da profezia il Progetto Policoro è diventato uno degli avamposti più interessanti e partecipati del paese. Oltre mille animatori coinvolti, centinaia di giovani ogni anno, tra i formatori i nomi e le esperienze più significative in Italia. La piccola rivoluzione che ha suscitato al Sud oggi è diventata strutturale, trovando traduzione in numerose politiche e strumenti pubblici e private a sostegno dei giovani.

Non c’è Camera di commercio, associazione datoriale, sindacato, giunta regionale, che non abbia dato vita a progetti e sportelli a sostegno di giovani con idee di impresa ad impatto sociale. La travolgente stagione di Bollenti Spiriti in Puglia ha consacrato la validità di quell’approccio pedagogico all’impresa che il Policoro e i vescovi del Sud avevano intuito qualche anno prima. Anche la stessa Caritas, all’interno della chiesa cattolica, ha attinto a piene mani da quell’ispirazione, superando — potremmo dire — per forza e capillarità la spinta generativa del Progetto Policoro.

Ho ripreso a frequentare il progetto da qualche mese, a circa 10 anni dalla fine del mio percorso al suo interno. E sì, ve lo confermo, quella profezia è finita, viva Dio! Se non si fosse realizzata, d’altronde, sarebbe stato solo un maldestro tentativo, ripetuto uguale a se stesso all’infinito. Invece si è realizzata: una profezia fatta di intuizioni, strumenti operativi, numeri e risultati incredibili. Da poter sventolare in seminari e convegni, a dimostrazione della forza di una Chiesa capace di segnare lo sviluppo di un pezzo del Paese. Era un’altra Chiesa, in un’altra Storia.

gli animatori senior del Progetto Policoro a Rondine cittadella della pace, per la formazione sociopolitica

Progetto Policoro, e poi? 

Quella profezia ha lasciato il posto ad una sfida secondo me ancora più entusiasmante e significativa, forse non del tutto consapevole all’interno del Progetto. Una sfida di contenuto, più che di strumenti. Il Progetto Policoro sta piano piano rinunciando all’idea di misurare i fatturati e i posti di lavoro creati. Questa fissazione paternalista ancora sopravvive in molti, soprattutto nelle imprese gesti concreti del Progetto, ma è ormai un retaggio del passato. Mentre alza l’asticella sui contenuti e alla cura dell’incredibile rete, presente su tutto il territorio nazionale, di animatori di comunità, giovani che hanno condiviso un percorso di formazione e impegno.

A me pare che la nuova strada presa dal Progetto sia tutta rivolta alla costruzione di un avamposto. Di una minoranza profetica chiamata a toccare per prima con coraggio terreni nuovi, che si prepara così ad essere classe dirigente del Paese. Accomunata da un bagaglio di valori e un vocabolario condiviso. D’altrone, troppo spesso, anche i bellissimi gesti concreti (imprese e cooperative) nati col Policoro, si sono concentrati così tanto sull’obiettivo di creare posti di lavoro, che si sono dimenticati di creare manager (non tutti, s’intende). Di favorire la nascita di altre realtà come loro stessi sono stati favoriti.

La mia è la lettura di un curioso e di un appassionato che è tornato a spiare dalle retrovie. Nessuno all’interno Progetto Policoro ha scandito questa visione alle mie orecchie. Ma io credo che oggi, in un paese e ancor di più in una Chiesa che (fatta eccezione per poche punte di assoluto rilievo) rischia di essere schiacciata dalla insignificanza e dalla sufficienza, dedicare risorse e cura per la formazione e la creazione di reti di significato tra giovani selezionati dai vescovi delle diocesi italiane, sia una mossa coraggiosa e lungimirante. Mentre tutto spinge verso un leaderismo sfegatato di meteore sempre più rapide a scomparire, la Chiesa oggi sta investendo nella cura di una fraternità di giovani su scala nazionale. Selezionata e formata sui temi che segneranno la discussione pubblica dei prossimi anni. E questa profezia, secondo me, è quasi più dirompente della prima.

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