basilicata sociale in fuga

Basilicata, il sociale in fuga

Ho pubblicato di recente per il Gruppo Editoriale Vita non profit un’inchiesta sullo stato di salute del Terzo settore in Basilicata. La pubblicazione si inserisce nella collana Edizioni Meridiane, progetto di Vita nell’ambito del progetto Vita a Sud, che seguo da alcuni anni.

L’inchiesta è stata presentata nella magnifica Casa BCC Basilicata a Potenza lo scorso 18 aprile, con la partecipazione di tante sigle in rappresentanza del mondo del Terzo settore lucano che hanno animato un interessante dibattito.

Dallo studio emerge una sofferenza generalizzata nel mondo del Terzo settore lucano, le principali organizzazioni di secondo livello riescono sempre meno ad intercettare novità e fermenti che pure nascono dalla società civile. Il terzo settore lucano viene da una stagione di grande fermento e attivismo che l’ha portato ad essere riconosciuto locomotiva del Sud: prima regione ad attuare la legge 328 sui servizi sociali, tra le prime a recepire la 381 sulla cooperazione sociale. Solo nel 2016 l’Istat incoronava la Basilicata come la regione con il più alto tasso di crescita delle organizzazioni non profit. Nell’ultimo censimento invece emerge un terzo settore frammentato e incapace di lavorare in rete: tantissime organizzazioni che coinvolgono sempre meno persone e che con difficoltà riescono ad accedere a finanziamenti e credito. Delle 137 organizzazioni vincitrici dell’ultimo Bando Volontariato di Fondazione Con il Sud, neanche una è lucana. Il bando per il rilancio del terzo settore, finanziato dalla Regione Basilicata con 10 milioni di euro e affidato a Sviluppo Basilicata, è andato sostanzialmente deserto (erogati solo 400 mila euro). In soli 6 anni le cooperative sociali iscritte a Federsolidarietà (la più grande organizzazione di secondo livello del settore) sono passate da un fatturato aggregato di 90 milioni di euro ad uno attuale di 43 milioni.

Anche l’impegno profetico della Chiesa lucana di spinta ed evangelizzazione nell’economia sociale sembra aver perso la sua carica. Se consideriamo gli impatti del Progetto Policoro nella sola Basilicata è significativo notare che nei primi dieci anni, tra il 1997 e il 2007, sono nate 8 cooperative sociali — gesti concreti lucani del Progetto Policoro — che da sole oggi generano un fatturato di 10 milioni di euro impiegando 320 dipendenti. Nei cinque anni successivi nascono con il Progetto Policoro altre due cooperative sociali che oggi faticano a raggiungere insieme i 100 mila euro di fatturato impiegando 13 persone. Negli ultimi dieci anni, invece, solo poche e piccolissime ditte individuali, per lo più esperienze di auto-impiego. Il contributo della Chiesa nella nascita e sviluppo del Terzo settore è stato determinante, è riconosciuto ed evidente nei numeri, ma è già finito?

La sofferenza che il Terzo settore sta pagando in Basilicata la pagano i cittadini, che sempre di più preferiscono andare via: scappano giovani, ma anche anziani e immigrati. Svimez, Istat, Aire… tutti gli istituti registrano uno spopolamento che non trova altrimenti spiegazione, se consideriamo unicamente i fattori legati a ricchezza e povertà: abbiamo il Pil pro capite più alto di tutte le regioni del Sud e tassi di povertà tra i più bassi del Sud. È evidente quindi che i lucani scappano dalla Basilicata non per fuggire dalla povertà, anzi, ma perché si vive male: la Basilicata è penultima in Italia negli indicatori di misurazione del welfare, ultima per indicatori di spesa nel welfare, penultima negli adempimenti sui livelli essenziali di assistenza, tassi di emigrazione ospedaliera extra regionali in crescita, assistenza agli anziani in strutture residenziali con numeri vergognosi: ogni mille over 65 in Basilicata c’è soltanto 1,4 posto letto equivalente, a fronte dei 6,4 pugliesi e dei 10,2 calabresi, senza considerare la media nazionale di 16 posti letto.

Quello che sorprende però, non sono i numeri emersi dall’indagine e qui sommariamente riassunti, ma l’assenza totale di letture precedenti a questa che abbiano provato a mettere insieme numeri, offrendo prospettive e interpretazioni anche diverse. Il Terzo settore in Basilicata parla e si racconta solo per comunicati stampa, attraverso le bellissime esperienze che riesce ad animare sui territori, ma è incapace di misurarsi in modo organico, leggere criticità e ipotizzare risposte di sistema. Sarebbe certamente utile non soltanto continuare a promuovere iniziative singole e pregevoli, da parte di giovani e meno giovani, ma questo modo di procedere non avrà la forza di invertire le tendenze in corso. Occorre investire sugli ecosistemi, su centri studio e analisi capaci di consentire a questo importante pezzo dell’economia lucana di uscire dall’improvvisazione e dalle intuizioni personali, incanalando le tantissime energie in letture organiche e impatti sistemici. In Basilicata per il Terzo Settore è arrivato il tempo della maturità, oppure dell’estinzione.

È possibile leggere l’intera inchiesta scaricandola gratuitamente online registrandosi sul sito www.vita.it