Dal 23 al 27 giugno 2024, al Polo Lionello Bonfanti, si è svolto “Griot” un progetto speciale a cui ho collaborato, dall’idea all’organizzazione, nell’ambito dell’Economy of Francesco. Al cuore di questa esperienza è il concetto di ricreazione—un termine che richiama non solo il gioco e la riflessione, ma anche la capacità di dare nuova vita al nostro mondo attraverso la narrazione, l’ascolto e la cura.
Chi sono i Griot
Il termine “Griot” richiama antichi narratori e custodi della memoria collettiva in Africa, che tramite la parola, la musica e le storie, mantenevano vivo il senso della comunità e delle tradizioni.
Voci che curano
Questo spirito ha permeato il laboratorio “Voci che curano” che ho avuto il piacere di facilitare: un viaggio attraverso la riscoperta del capitale orale e delle narrazioni trasformative, con un focus particolare sul podcasting. L’incontro ha visto la partecipazione di figure come Luigino Bruni, economista e animatore dell’Economy of Francesco; Kristian Gianfreda, regista e sceneggiatore; Ferdinando Trapani, urbanista, e Pietro Del Soldà, filosofo e scrittore, che hanno intrecciato i temi delle narrazioni con l’urbanistica e la filosofia, mostrando come il paesaggio e la storia si connettano intimamente alle nostre storie personali.
Paesaggi narrativi
Un altro aspetto cruciale del progetto è stato l’intreccio tra cultura e territorio. Immersi nel suggestivo ambiente del Polo Lionello, vicino alla cittadella di Loppiano, abbiamo discusso di come la narrazione si incrocia con la geografia umana e sociale, riflettendo su come le storie possano dar voce non solo alle persone, ma anche ai luoghi. Filosofia e paesaggio urbano si sono incontrati in una riflessione collettiva sul significato di appartenenza, memoria e futuro.
Durante il percorso, abbiamo visitato l’Ospedale Meyer e l’Istituto degli Innocenti a Firenze, due luoghi emblematici per la loro storia di cura e protezione dei più vulnerabili. Queste visite ci hanno ispirato a pensare la cura non solo come un atto medico o assistenziale, ma come un atto profondamente legato alla narrazione e all’attenzione all’altro, ai suoi bisogni e alla sua storia. Un’esperienza che ha arricchito il significato di “Voci che curano,” ricordandoci che la cura parte sempre da una storia—da un racconto che diventa ascolto e azione.
L’incontro di pensieri, storie, e paesaggi che si è svolto in quei giorni ha dimostrato che la vera trasformazione nasce quando ci concediamo di ricreare, di riscrivere il futuro partendo dalla narrazione delle esperienze e dalla cura dei luoghi e delle persone.
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